lunedì 8 giugno 2009

Le apparizioni dell'Angelo nero: Galleria Vittorio Emanuele II


Tutto cominciò un pomeriggio di ottobre.
C a m m i n a vo in Corso Vittorio Emanuele II, seguen-
do la folla rumorosa del sabato pomeriggio.
Milano ha un centro minuscolo, se paragonato a
quello di altre città italiane anche meno importanti, e
il Corso Vittorio, come lo chiamano i suoi frettolosi
abitanti, ne è il dritto riassunto che condensa in una
sola via gran parte delle mete obbligate dei passanti: le
vetrine di Benetton, Prada e Furla, il negozio Disney, i
cinema multisala, le Messaggerie musicali, le librerie di
Mondadori e Feltrinelli, i grandi magazzini La Rina-
scente, il McDonald’s, il bar Zucca in stile liberty e
qualche prestigioso ristorante, a dire il vero, un po’
ammuffito.
Anche quel giorno erano in tanti a calpestare inquie-
ti i ciottoli irregolari di quella lunga via pedonale che
porta al gotico Duomo, cercandosi gli uni con gli altri
oppure fuggendo gli uni dagli altri. Tutti avevano
comunque una direzione precisa da seguire e spintona-
vano per crearsi un varco tra la folla che ne rallentava il
passo.
Ricordo ogni cosa come fosse ieri e, se fosse di inte-
resse, potrei persino dire che cappotto indossavo, che
cosa avevo mangiato a pranzo, se c’era il sole o se pio-
veva.
Sorvolo su questi dettagli. Ciò che conta è che quel
giorno ero solo e cercavo qualcosa, oppure qualcuno,
ma non sapevo cosa o chi. Una direzione appunto, che
fosse un’idea forte, un obiettivo, un senso che andasse
oltre il telegiornale delle 20. Quello era il mio proble-
ma e tutto il resto si muoveva intorno a me come
un’indistinta nuvola grigia in un cielo autunnale.
Sentivo un ronzio sordo nelle orecchie, la monoto-
na colonna sonora di quella giornata grigia.
Poi vidi la vecchia.
Ecco che incappo nel problema di dover tradurre in
parole le sensazioni.
Vidi una figura di donna anziana.
Vidi una donna dalla camminata vaga e il volto
antico.
Vidi una donna vestita di una tunica nera che le
arrivava ai piedi, il volto bianco marcato da tratti seve-
ri che parevano appena abbozzati a carboncino, i capel-
li neri raccolti in una crocchia, il passo breve e mute-
vole che la spostava con la leggerezza dell’aria.
Erano le quindici e un quarto del 15 Ottobre. La
donna svoltò dietro la Rinascente e s’infilò in Galleria.
La seguii.

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