sabato 16 ottobre 2010

La recensione di Angela Galloro su Bottega Scriptamanent

Racconto tra realtà e fantasia,
un’intensa ambientazione noir
e gioco intricato di doppiezza
di Angela Galloro
Un libro avvincente Laruffa editore
dagli scenari indistinti e misteriosi


Il racconto di Fabio Musati obbedisce alle regole del comune racconto noir: sin dall’inizio infatti il lettore sente di piombare in un mondo del quale non riconosce i confini, un labirinto dove tutto quello che succede si collega implicitamente a ciò che viene solo pensato e, nel caso specifico di Musati, anche a come viene narrato. L’autore è consapevole di ciò, come ci dimostra parlando in prima persona, assumendosi cioè la responsabilità di “confondere” il lettore e lasciargli paradossalmente una maggiore libertà interpretativa. Ce lo testimonia la captatio benevolentiae con cui inizia il racconto L’Angelo nero (Laruffa editore, pp. 76, 10,00 €), abbastanza ironica come tutta la narrazione, che si articola con effetti spiazzanti e gioca ad intersecare sotto gli occhi increduli del lettore i piani di una storia scandita da avvenimenti reali e di un racconto fatto di enti ed esistenti che non si sa di quale dimensione facciano parte, se quella dell’autore, del personaggio, o di entrambi.



Atmosfere gotiche e cupe

L’Incipit classico «Tutto cominciò un pomeriggio di ottobre», ci conduce sotto il cielo plumbeo di una grigia Milano, che viene raccontata nel dettaglio contemporaneo delle sue vie, dei negozi, delle librerie, del Duomo. La descrizione della città, presente in ogni momento, interagisce con gli avvenimenti, (sembra preannunciarli circondandoli di un’aura misteriosa), e soprattutto con gli stati d’animo del personaggio dipinti a loro volta di colori cupi, incertezza, grigiore. L’avventura del protagonista inizia proprio in una libreria dove egli assiste alla presentazione di un testo di Filippo Tuena, Il diavolo a Milano, che lo “perseguiterà” anche in seguito, attraverso la particolare coincidenza di una donna che lo legge in metropolitana.

Il protagonista così – questa volta identificabile peraltro con l’autore – Musati, il quale racconta di aver vissuto effettivamente tutto quello che scrive, invia a Tuena un breve racconto, fatto di sagaci battute, di confusione di ruoli e che, secondo l’autore de Il diavolo a Milano, necessita di essere sviluppato in modo più elaborato, secondo l’insegnamento di Pontiggia: «Lavora duramente i tuoi diavoli e non inseguire quelli altrui».

Nel capitolo III, l’io narrante si trova con moglie e figlio ad una mostra al Castello sforzesco, quando all’improvviso il protagonista ha particolari visioni di quadri in movimento, di dipinti che non esistono, o che ricorda diversi da come sono realmente. Il comune denominatore di tali sensoriali esperienze è dato da questo Angelo nero, che aleggia tra i pensieri del personaggio, sotto forma di vento freddo, di persona, di lettore, di avo. Per questo così di getto quest’ultimo inizia la ricerca della propria identità, in senso concreto e storico più che filosofico, inseguendo le sue radici con lo scopo di dare un senso alle storie del presente. Inizia dalla Valsesia, luogo d’origine della sua famiglia, piccolo territorio da sempre misero e poco abitato, alla ricerca di lontani echi del proprio nome, per giungere poi al cimitero monumentale di Milano, dove incontra nuovamente Tuena che egli nomina con un anagramma e che, come una presenza evanescente, sa suggerirgli dove trovare le sue risposte con l’aiuto della ricerca araldica. Altra presenza che resta inspiegabile è quella di una donna che prega al cimitero con un libro nero prima di sparire sotto gli occhi del protagonista, il quale si renderà conto solo dopo, che quello che credeva fosse un libro di preghiere era in realtà Dracula di Bram Stoker. L’Angelo nero continuerà, sotto le sembianze di una donna vestita di scuro, a seguire il protagonista per le strade di una Milano frenetica, fatta di statue di angeli in movimento, come moderni gargoyles dal significato simbolico, fino a quando il nostro personaggio non decide di inseguire la figura femminea dentro Villa Reale. Qui uno strano custode, molto simile a una figura della letteratura gotica tardo ottocentesca, accoglie il protagonista/autore in modo sospetto e a dir poco inquietante, come se già lo conoscesse. Nel salone della villa troviamo Tuena, che, a sua volta, lo “accusa” di essere un suo personaggio e di uscire dunque dalla trama già strutturata, una donna molto simile a quella dipinta nel quadro che aveva attirato l’attenzione di Musati e un impiegato statale che spiega, con pazienza e con l’aiuto di particolari storici, la discendenza di Musati da un antico ceppo di nobili rumeni facenti capo a Vlad III principe di Valacchia, nient’altro che il conte Dracula. Dal racconto viene fuori che la Valsesia fu il loro nascondiglio per molto tempo, una valle buia, dove espiare la vergogna delle proprie edipiche origini maledette e occultare la loro vera natura.

Con ulteriori chiarimenti da parte di Tuena tutto diviene più chiaro e questo complesso e labirintico racconto si chiude come un cerchio doppio.



Il gioco delle identità

In questo racconto ci troviamo di fronte a personaggi che si sovrappongono e si raccontano, che vengono “messi in scena” senza neanche saperlo, autori che agiscono all’interno delle loro stesse storie. Tra Musati e Tuena la corrispondenza avviene tramite pseudonimi, entrambi anagrammi dei rispettivi nomi, Asimut Fobia ed Epifan Pulito, che contengono a loro volta significati forti come il timore e l’apparizione, quasi volessero rappresentare due contemporanei Dr. Jekyll e Mr. Hyde. Tuena diventa personaggio di Musati e viceversa, l’autore de L’Angelo nero diventa protagonista manovrato da Tuena all’interno della sua stessa storia, si tramuta così in un “personaggio in cerca d’autore”. Pirandelliana è anche la conclusione, con il dipinto della madre di Dracula e l’Angelo nero che ha portato il nostro autore a scoprire la verità e che scompare tra le sue vesti torbide. Proprio a questo punto il Tuena conclude il suo “spettacolo” con una significativa battuta: «Siamo tutti quello che sembriamo, che altro siamo se non quell’illusione dell’essere che diamo agli altri?»

Sparisce così in modo del tutto empatico la distinzione tra l’autore e il suo personaggio, fra ciò che può entrare nella storia e ciò che invece sta fuori, nella vita reale, sia essa assurda o quotidiana.

In questo scherzo di doppi ed alter-ego dunque, l’autore-protagonista sente il bisogno di rintracciare la sua vera essenza, di riconnetterla a quello che c’era prima e a quello che verrà, partendo proprio dal suo cognome, quasi fosse l’unico elemento di cui può ritenersi sicuro. L’Angelo nero lo accompagna, come una presenza inquietante ma necessaria, che istiga al dubbio e alla curiosità, quindi alla ricerca di una stabilità. «In una cultura in cui il movimento è un valore assoluto, la velocità una fede, la frenesia una religione, la gente è sopraffatta da un sotterraneo desiderio di statuarietà.

Essere fermi, irremovibili, piantati in un punto, congelati nella posizione che sentiamo nostra, e dirlo al mondo, apertamente, sfrontatamente, immobilmente».



Una “metaletterarietà”

Musati riflette molto sull’arte dello scrivere e lo fa immerso tra le strade della città, che guarda proprio con occhi da scrittore e con la presunzione che contraddistingue l’inventore di storie. Tutto è lì per lui, tutto è lì per essere conosciuto, scandagliato, descritto e a tratti l’illusione del lettore viene interrotta per lasciar posto alla difficoltà o al piacere dell’autore di descrivere la scena. È un procedimento curioso e parecchio originale, soprattutto se portato avanti con la schiettezza di affermazioni come «Ecco che incappo nel problema di dover tradurre in parole le sensazioni».

Grazie a ciò noi otteniamo riflessioni importanti sull’interpretazione generale del testo: per Musati un libro può avere vita propria, nella mente di autore e lettore, o addirittura più vite a seconda di chi lo legge. Così come un personaggio può esistere da solo, dopo essere stato partorito dall’autore, diventare autonomo e svincolarsi (persino nei suoi tratti somatici) da chi lo aveva descritto. Il problema del «Chi scrive?» ne L’Angelo nero è un binario che corre parallelo all’intreccio vero e proprio, e lo scrivere risulta una lente d’ingrandimento che “pulisce” in qualche modo gli eventi e permette di chiarirli su un’altra dimensione totalmente separata da quella del vissuto.

«Da quando uso gli occhiali sia per scrivere che per leggere, ho l’impressione di calarmi in un liquido più limpido, dove le parole appaiono chiare e immediate, mentre sopra di me il mondo continua il suo torbido movimento».

I racconti nel racconto poi, costituiscono una testimonianza ulteriore della compresenza di piani narrativi che Musati propone: molti di questi non vengono spiegati del tutto, restano solo immaginati, come la vera natura dell’Angelo nero,

con lo scopo (forse) di dare libero sfogo al pensiero del lettore, e in qualche modo di svincolare il racconto dalla pretesa di fornire risposte definitive.



Angela Galloro



(www.bottegascriptamanent.it, anno IV, n. 38, ottobre 2010)

lunedì 15 marzo 2010

La recensione di Cristina Marra

La recensione di CRISTINAMARRA su La Riviera, 14 Marzo 2010

A passeggio per il centro di Milano in
cerca di qualcosa o di qualcuno, poi
l’incontro con una donna, una vecchia
vestita di una tunica nera. Così
il protagonista e io narrante de
“L’angelo nero” di Fabio Musati
(Laruffa Editore), inizia il pedinamento fin dentro
una storica libreria dove trova soltanto libri,
parole che strepitano dagli scaffali, persino in
varie lingue.
Vincitore della terza edizione concorso letterario
“Emozioni d’inchiostro”, il romanzo breve di
Musati è “un atto di generosità e presunzione”
come afferma l’autore, originario della Valsesia e
autore delle raccolte di racconti “Nel corpo del
tempo”, “Il confine”, “Cara Ada”. La stesura del
romanzo coincide con una ricerca fatta da un
parente di Musati sull’origine romena del suo
cognome: ricerche araldiche e fiction si intrecciano.
“Il mio cognome”- mi racconta Musati – “è
abbastanza raro e a volte è storpiato. L’origine
riporta in Valsesia e la mia discendenza romena
mi piace molto. Mentre un mio parente mi informava
sulle sue ricerche stavo scrivendo questo
romanzo e inevitabilmente l’ho inserita all’interno
della narrazione”. Tutto il romanzo è percorso
da una ricerca rivolta a persone, presenze, nomi o
luoghi. In un gioco narrativo al rimpiattino, il protagonista
scrive, rincorre le parole, riporta sulla
carta i concetti pensati ma forse già scritti da
qualcun altro. Sembra assumere le diverse identità
di chi lo ha preceduto nella sua avventura
dentro la scrittura, fino a diventare protagonista
di nuove storie. Scambi di email, incipit di romanzi,
citazioni pseudonimi si susseguono in questo
romanzo nel romanzo. Realtà e finzione si alternano,
così come i pensieri e le ricerche del protagonista-
autore che si dedica alla ricostruzione
delle origini della sua famiglia che diventa narrazione
di eventi, di momenti e di località del passato.
In una Milano popolata di angeli di pietra
poggiati sui frontoni delle chiese, sui monumenti
del cimitero, sulle balaustre dei palazzi, il protagonista
insegue e diventa preda di un angelo
nero. La ricerca continua per le vie della metropoli,
dove quella presenza si aggira furtiva. Pedina
ed è pedinato. Il protagonista di Musati indaga
sullo scopo della scrittura: vita scritta, narrata
o vissuta. Riuscirà a raggiunge l’angelo nero e
scoprirne l’identità?

lunedì 28 dicembre 2009

l'articolo di Angela Galloro su www.bottegascriptamanent.it

Con la media editoria
in Italia tornano in auge
i generi fantasy e noir :
un “Angelo nero” a Roma
di Angela Galloro

Fabio Musati, autore già consolidato, presenta la sua opera tra riflessioni
e dibattiti letterari: conosciamo così il romanzo edito da Laruffa editore


L’ottava edizione della Fiera nazionale della piccola e media editoria “Più libri più liberi” tenutasi recentemente a Roma, oltre ad aprire le porte ad autori ed editori in un’atmosfera assolutamente festosa e gioviale, ci ha riservato eventi ricchi di piacevoli sorprese. Tra queste, la presentazione del libro L’Angelo nero di Fabio Musati che ha riempito la Sala Corallo del Palazzo dei Congressi, con un avvincente racconto ed interessanti riflessioni.
L’evento è stato organizzato e coordinato da Maria Teresa D’Agostino, giornalista di Calabria Ora, nonché addetta all’ufficio stampa della Laruffa editore – con cui Musati ha pubblicato il libro – la quale ha espresso positivi giudizi sul romanzo intervistando l’autore con tanto entusiasmo da rendere la situazione simile ad una colta chiacchierata.
L’Angelo nero è vincitore della terza edizione del concorso a caccia d’inediti “Emozioni d’inchiostro”, istituito dalla suddetta casa editrice per incentivare gli scrittori emergenti con lo scopo di premiarli pubblicando le opere migliori e di investire, dunque, sul loro talento.
Nel caso specifico però Musati non è alla sua opera prima, anche se con questo romanzo aderisce ad un nuovo genere che, come è ansioso di specificare, «non appartiene precisamente al fantasy o al noir», etichette indubbiamente necessarie agli editori e forse utili indicazioni per il lettore, ma che nel giudicare uno scritto vanno indiscutibilmente superate.
La storia narrata nel libro è ambientata a Milano, città natale dell’autore che sembra sentirla sua anche negli aspetti più underground e nelle atmosfere più oscure. Tutto il romanzo infatti viene raccontato dai primi lettori come pervaso da un’aura di mistero che però, a detta dell’autore, non toglie nulla alla veridicità dei fatti e delle situazioni.
Ci troviamo di fronte ad una cupa e melanconica figura che aleggia sul protagonista, (a sua volta autore di un romanzo), che lo cerca e che viene da questi rincorso come in una specie di inquietante gioco.
Durante gli interventi di Roberto Laruffa, di Maria Teresa D’Agostino e di Isabella Giomi, scrittrice di racconti fantasy, viene attribuita all’autore un’attenzione speciale per i dettagli, in particolare quelli relativi ai luoghi, rigorosamente veri e riconoscibili, e per le descrizioni non sempre semplici di figure particolari, spesso evanescenti, immaginarie, simboliche.
La Giomi, fra le prime lettrici del romanzo di Musati, propone una serie di paragoni con il cinema e con il teatro, campo ben noto all’autore che vi lavora da molti anni, mettendo in luce un «lavoro a mosaico» nella stesura, una emulatio che concentra in poche pagine riferimenti letterari e cinematografici, sia classici che moderni: in particolare la Giomi lo definisce «romanzo fortemente onirico che si avvicina al reale e “felliniano” per la caratterizzazione del sogno».


Retroscena letterari e ringraziamenti
Intervistato dalla D’Agostino, Musati ci racconta di come nasce l’idea di questo romanzo. Ci colpisce così sapere che l’oscura ambientazione metropolitana si intreccia alla ricerca delle proprie radici e che questo “Angelo nero” è riconducibile ad una curiosità araldica dell’autore che porterà il protagonista in Romania, come in una moderna rivisitazione del capolavoro di Bram Stoker, ad indagare sulle origini del proprio cognome. Oltre a questo tipo di indagine Musati svela di dovere la brillante idea di questo romanzo a Filippo Tuena, autore de Il Diavolo a Milano, che ha conosciuto durante la presentazione del libro stesso e con il quale ha intrattenuto rapporti di corrispondenza attraverso pseudonimi. Tuena sembra aver positivamente influenzato il nostro autore al punto che uno di questi alias è diventato un personaggio del suo romanzo.
Avvicinandoci alla conclusione, il discorso verte sul tema più generale della scrittura, su come questa venga vissuta da un carattere schivo e riservato come quello di Fabio Musati. Egli sostiene infatti che pubblicare un libro equivale ad esporre una parte di sé, il che è una bella cosa per il proprio essere e per gli altri e che «scrivere è un atto di generosità e nello stesso tempo di presunzione».
Riguardo la caratterizzazione di genere del suo romanzo, ci dice che «la narrativa non può essere che fantastica anche quando si occupa di argomenti reali» perché filtrata dalla mente di chi scrive. L’autore ha così una pesante responsabilità, dal momento che nel processo ermeneutico del fruitore avviene una magia: il lettore si crea infatti delle immagini fantastiche a partire dalle parole e proprio per questo sta allo scrittore stimolare l’immaginazione di colui che legge nel giusto modo.


Un romanzo nel romanzo
Tali riflessioni sull’arte di scrivere scaturiscono dal fatto che ci troviamo in presenza di un racconto nel racconto, di soluzioni a scatole cinesi, dunque metanarrative, che l’autore predilige perché gli permettono di andare alla ricerca di qualcosa (non meglio identificato a suo dire) durante la scrittura e attraverso il medium di questa.
A chi chiede (reclama?) un sequel di questo romanzo, Musati, sulla scia delle parole della Giomi – secondo la quale «anche nell’incompiutezza un romanzo è compiuto» – risponde che per come è stato concepito, il romanzo è finito: ha aiutato l’autore a cercare delle risposte, dunque ha raggiunto il suo scopo. Risposte che però Musati non espone al pubblico in questa occasione, lasciando i perché avvolti da una patina di mistero.
La giusta dose di ironia che ha accompagnato la mattinata sembra essere presente anche nel libro e sembra stuzzicare così l’interesse e la curiosità dei presenti.


Angela Galloro


(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 28, Dicembre 2009)

lunedì 16 novembre 2009

Una stroncatura su Fantasy magazine

Per usare un’espressione popolare, c’è troppa carne al fuoco ne L’angelo nero, opera del milanese Fabio Musati.

Già autore di tre raccolte di racconti e di un testo teatrale, Musati prova qui a cimentarsi con una dimensione narrativa più lunga, ma il risultato finale è disomogeneo.

Romanzo d’ambientazione contemporanea, con un’attenzione a volte molto puntigliosa dei luoghi in cui si muove il protagonista, riflessione sulla scrittura stessa, con la difficoltà di tradurre in parole delle sensazioni ma anche con la voglia di scrivere qualcosa, un vago sentore di mistero nella ripetuta apparizione-sparizione di un’anziana signora, il tema del doppio, trattato nella trama principale ma anche in due rapidi racconti che vi si inseriscono quasi a forza, opera epistolare nella quale è difficile distinguere chi è reale e chi non lo è, viaggio nella memoria e nel tempo attraverso cimiteri, libri antichi e ricerche araldiche, per arrivare infine alla sorprendente presenza di un Dracula contemporaneo.

Davvero troppo per un libretto di una settantina di pagine.




Si comincia con un omaggio a Il diavolo a Milano, opera minore del raffinato ma poco conosciuto Filippo Tuena. Solo che Musati non è Tuena e, privo della sua a volte magica capacità di evocare sensazioni con le parole, si perde in discorsi che faticano a trovare una loro forza e direzione. Lo dice lui stesso nella seconda pagina, “cercavo qualcosa”, “una direzione appunto, che fosse un’idea forte, un obiettivo”, anche se è consapevole che “anche il più bravo comincia a scrivere la sua storia e lì cambia tutto”.

E così, sulla falsariga di Tuena e del suo alter-ego Pulito Musati, sotto l’identità di Asimut fobia, inizia il suo viaggio personale conoscendo il punto di partenza ma non quello di arrivo.


Il viaggio attraversa situazioni e stili narrativi molto diversi fra loro, “segni neri nello spazio” che fuoriescono dalla mente dell’autore e si susseguono continuamente, senza però riuscire a donare la sensazione che qualcosa sia stato compiuto. Musati riflette, insegue, parla, scrive, indaga, dubita e cerca di comprendere la realtà tramite le parole. In parte anche di ricrearla, perché le sue indagini lo portano a ricostruire una storia che forse sarà anche avvenuta davvero, ma che segue troppe svolte improbabili e troppe coincidenze per non sembrare una costruzione artificiale.

E il doppio che caratterizza i racconti, le mail, il continuo inseguimento alla signora e persino la figura del console rumeno finisce per diventare una presenza troppo insistita per non essere pesante.




“Senza capo né coda” recita il titolo di uno dei raccontini, ma forse questo potrebbe essere il titolo dell’intero romanzo. A tratti Musati si dimostra capace di una buona scrittura ma, almeno in questo caso, la direzione forte da lui cercata non è stata trovata.

Da Fantasy magazine, Martina Frammartino, 22 Ottobre 2009

venerdì 9 ottobre 2009

La recensione di Donatella Ratto su Fenera

Questa è una storia. E una storia, può vuol dire tante cose: una favola, una leggenda, oppure il racconto di un fatto reale. Noi non ce lo chiederemo, perchè L'Angelo nero, il romanzo breve dello scrittore milanese Fabio Musati, è una storia e basta. Bella, sospesa tra realtà e immaginazione, seducente e intrigante. I fatti narrati, i personaggi, i luoghi raccontati con pennellate descrittive nitide e precise, possono appartenere al presente come al passato o forse perchè no, a un futuro che ancora non c'è... Sì, perchè in fondo questa è la storia di un libro che sta per esser scritto, ma che forse qualcun altro già aveva pensato prima che Fabio Musati lo scrivesse. E che ora, trovandoselo di fronte, sente che questa potrebbe davvero essere anche la propria storia., quella pensata e mai narrata. Una storia, questa de “L'angelo nero” che pare una matrioska, o un gioco ad incastri, dove puoi confonderti, e non sapere più quale sia il posto esatto del pezzo che hai in quel momento fra le mani. Una storia cha parte da un libro e finisce in un libro, attraverso un libro. E l'autore la vive in prima persona, in un continuo avvicendarsi fra sé scrittore, e il proprio altro: il personaggio; in un incastro perfetto di protagonisti reali e proiezioni della mente, alla ricerca del proprio passato e delle proprie radici, che sembrano portare molto lontano, ma che in fondo sono lì a due passi, e ti chiedono solo di ascoltarle e di farle rivivere, senza paure. Tutto parte dalla presentazione di un libro, in una famosa libreria di Milano, con l'autore, che, masticando una pipa in radica, parla del Diavolo, in un'atmosfera vagamente esoterica e carica di mistero, e di sdoppiamenti di personalità. E' in quegli attimi, dal seducente sapore di eternità, mentre fuori, nella Galleria del Corso, il vento freddo dell'inverno, soffia ancora sugli uomini e sulle cose, che nasce “L'Angelo nero”. Nasce nel vortice di una storia inquietante, pronto ad entrare dentro il vortice di tutte le parole scritte dall'umanità, per raccontare se stessa e ritornare a essere storia. La storia di un uomo che come tanti, un giorno viene sospinto dalla curiosità di ricostruire le proprie origini, e facendolo si imbatte in strani personaggi che lo porteranno a collegare il nome della sua famiglia, quella dei Musati, a luoghi inaspettati. E così dalla Valsesia luogo d'origine del ceppo familiare, lo scrittore arriverà sino alla Venezia rinascimentale, e da qui, alla inquietante e misteriosa stirpe del Conte Vlad Tepes, vampiro dei più feroci. Mentre l'Angelo nero, sarà sempre lì, guida silenziosa e muta di un viaggio a ritroso nel tempo. Ombra e presenza che appare e scompare, ora in un quadro di Mirò, ora sulla tomba di famiglia a Roccapietra, in Valsesia, paese natale dei Musati e che sembra voler suggerire allo scrittore la trama di questa storia, invitandolo ad entrare dentro le proprie paure, senza il timore di scoprire quello che ancora non sa: bussando alla porta dei secoli trascorsi, dove sarà il suo passato ad attenderlo e forse anche....il suo futuro.


Donatella Ratto, vicedirettore Fenera
Ripresa da: Fenera - Ottobre 2009

giovedì 8 ottobre 2009

Presentazione a Roma l'8 Dicembre

Martedì 8 Dicembre L'Angelo Nero comparirà alle ore 11 nella sala Corallo del palazzo congressi a Roma Eur.
Seguiranno dettagli

venerdì 18 settembre 2009

Presentazione a Milano il 2 Ottobre

Venerdì 2 Ottobre alle ore 18, presso la libreria Odradek in via Principe Eugenio 28 a Milano, Filippo Tuena presenta L'Angelo nero.

Vi aspetto!

venerdì 17 luglio 2009

Recensione di Maria Teresa D'Agostino

Un fantasy con venature noir, ironia e teatrali colpi di scena. "L'angelo nero" di Fabio Musati, edito da Laruffa, si colloca a metà strada tra l'immaginario e la realtà o, meglio, offre al lettore un accattivante miscuglio di fatti e invenzioni che, a tratti, non è facile distinguere.
Le vie di Milano e le sue atmosfere metropolitane fanno da scenario principale per quello che appare come un percorso sulle tracce dei propri fantasmi e che porta il lettore tra le nebbie valsesiane fino a concludersi in maniera inaspettata.
Il racconto prende le mosse dalla presentazione di un libro - questo sì, assolutamente reale - "il diavolo a Milano" di Filippo Tuena che sembra aprire la strada ad altri demoni, e di un successivo carteggio tra lo scrittore e Musati - anche questo in gran parte vero - che, in maniera inquietante, incentiva quest'ultimo a scavare le proprio passato, alle ricerca delle radici più remote del suo ceppo familiare.
L'angelo nero appare di continuo, nei momenti e nei luoghi più impensati, in un quadro di Mirò che pare prendere vita, davanti alla tomba di famiglia, nella calca della metropolitana, tra le statue di una chiesa o in un museo, lasciando dietro di sé tracce misteriose. Tutta narrata in prima persona, la storia diventa così una sorta di inseguimento della strana e sinistra figura, che appare e scompare in maniera incomprensibile, mentre sulla scena l'autore incontra il suo doppio, dando vita a un racconto nel racconto, e compie un viaggio a ritroso tra cimiteri e libri ammuffiti per ricostruire il proprio albero genealogico.
Si scopre così disendente di una stirpe "diabolica" e la ricerca, oltre che dinastica, si fa anche letteraria con l'apparizione di Dracula.
Musati congegna una narrazione a "scatole cinesi", l'una dentro l'altra, accompagnata da uno stile accattivante e dialoghi di straordinaria efficacia, offrendo così al lettore una lettura godibile e colta, densa del fascino dell'immaginazione.

Maria Teresa D'Agostino su www.calabriaora.it del 16 Luglio 2009

lunedì 29 giugno 2009

Recensione di Renzo Brollo su Dadamag

recensione di Renzo Brollo
Una strana e misteriosa serie di apparizioni ed eventi, spinge lo scrittore Fabio Musati a ricercare nel passato l’origine della sua famiglia. Il ceppo originario della Valsesia non sembra essere quindi il vero nucleo primario, ma dimenticati legami riconducono il cognome dei Musati nella Venezia rinascimentale, e più anticamente unendolo alla stirpe del conte Vlad Tepes, l’impalatore e vampiro. Durante la ricerca, lo scrittore viene avvicinato da oscuri personaggi che si incrociano e si confondono con la sua stessa identità, sdoppiandola, triplicandola, confondendola e mescolandosi nella storia della famiglia e nella vita reale. Presenze che appaiono e scompaiono guidano lo scrittore verso la conoscenza della verità, in una Milano descritta attraverso un’atmosfera gotico-natalizia, conducendolo al finale nei musei di Villa Reale dove tutto sarà, forse, chiarito…Chi è Asimut fobia? o chi sono i Mussati o la stirpe dei Musati vissuti in Moldavia? E chi è il vero Fabio Musati? Cloni, gemelli o avatar nascono e crescono, entrano ed escono dalla scena, per guidare o semplicemente confondere il vero Fabio Musati, che in questa breve novella di famiglia ricostruisce il suo albero genealogico. L’autore, lo si capisce subito, ha una gran bella capacità descrittiva dei luoghi, della sua Milano che diventa cupa, ma dai tratti poetici. E lui vi si muove mescolando i ricordi al presente, ricercando nella sua genealogia il significato di una vita passata semplice tra i monti della Valsesia, tra mestieri antichi e costumi dimenticati. L’Angelo nero, vincitore della terza edizione del Concorso Letterario “Emozioni d’inchiostro”, è un romanzo breve che si legge d’un fiato, che si apprezza per lo stile fluido e scorrevole. Per chi conosce Milano un punto di vista diverso, per chi non la conosce un’occasione per immaginarsela attraverso una lente di mistero.
http://www.dadamag.it/default.asp?scheda=1818

venerdì 12 giugno 2009

Piccolo forum dei lettori de L'angelo nero

Mi piacerebbe ricevere i commenti dei lettori in calce a questo post.
Impressioni a caldo, cosa vi è piaciuto di più e di meno, le domande che mi volete fare. Discutiamone insieme liberamente. Un libro non è solo del suo autore, appartiene anche ai lettori.

Se preferite inviarmeli per mail, potete farlo all'indirizzo fabio_musati@yahoo.it specificando se mi autorizzate a pubblicarli su questo blog.

Grazie, Fabio

giovedì 11 giugno 2009

La recensione di Isabella Giomi, scrittrice

L’Angelo nero, vincitore del premio annuale bandito dalla casa editrice Laruffa di Reggio Calabria, Emozioni d’Inchiostro, è un romanzo completo concentrato in settantacinque pagine, nelle quali si trovano tutte le componenti della narrativa: se sottoscrivi il suo patto, essa ti trascina con sè nelle sue complicate evoluzioni, ti prende anche un po’ in giro e poi ti presenta un finale tutto a sorpresa nel quale all’inizio stenti a ritrovarti, fino a scoprire che quel finale era stato sapientemente preparato dall’autore. Fabio Musati, prima di scrivere questo ironico e raffinato romanzo si è ampiamente documentato, come spiega nell’ultima pagina dei ringraziamenti. Io direi che l’Angelo nero è un meta-romanzo. Cioè un romanzo sul romanzo, sui tranelli della scrittura, sul personaggio che, se la scrittura funziona, reclama autonomia. Ma questo non si scopre subito. L’inizio sembrerebbe impostato come una storia surreale. Una nera, antica e misteriosa signora appare e scompare, il protagonista, alter ego dell’autore, la rincorre per i vicoli di Milano e perfino dentro alla Rinascente. Chi è? la personificazione della Morte? lo Spirito Eterno dell’Avventura? Il Fato? Niente di tutto questo. La spiegazione è un po’ più articolata e Musati si destreggia abilmente, come un prestigiatore che ti illude di mostrarti una realtà, mentre invece te ne imbastisce una totalmente diversa, percorrendo il suo personale albero genealogico, in un tuffo terapeutico nel passato, passa per cimiteri di paese e aviti palazzi nobiliari, ammiccando al lettore, un poco come quando, durante un sogno, a tratti si percepisce chiaramente di sognare. Il romanzo, articolato su più livelli, è scritto con agile e sapiente ironia e si chiude con una scoperta quasi teatrale. Tutte le misteriose identità saranno di colpo rivelate, in un finale a sorpresa ma non più di tanto: l’abilità dell’autore sta tutta nell’essere riuscito a preparare il lettore gradualmente, fino a far convergere in un unico punto tutte le linee narrative che all’inizio sembravano quasi indipendenti l’una dall’altra.

Isabella Giomi

http://digilander.libero.it/giomi.isabella/
http://blog.libero.it/tanysha/

martedì 9 giugno 2009

Estratto della presentazione del libro fatta dal critico d'autore Maria Festa a Reggio Calabria il 6 Giugno 2009

"La letteratura superficiale del nostro tempo ha cancellato dalla memoria i classici del passato con la loro ambientazione suggestiva - commenta il critico d'autore Maria Festa - le atmosfere fantastiche di Hoffmann, il soprannaturale di Bram Stoker, il romanticismo. La narrativa contemporanea non riesce ad evocare "l'aura" dei racconti antichi, arrendendosi alle macchinosità del reale. Per contro, "L'Angelo nero" - chiosa la Festa - trasforma la realtà in sogno ed immaginazione, racchiudendo in sé lo spirito del passato e riportandolo nel presente di una Milano chiusa nella sua artificiosità. Questo libro invita alla serietà e alla ricerca della letteratura autentica".

Estratto dall'articolo "La storia fantastica dell'angelo nero", pubblicato con la firma di Marco Comandè su Calabriaora.it di lunedì 8 Giugno 2009.

L'articolo su Ilfattoonline.com

http://www.ilfattoonline.com/cultura-e-spettacolo/7405-langelo-nero-di-fabio-musati-vincitore-della-iii-edizione-di-emozioni-dinchiostro

lunedì 8 giugno 2009

Il Blog dell'autore

http://fabiomusati.blogspot.com/

Le apparizioni dell'Angelo nero: al Cimitero Monumentale di Milano


Le apparizioni dell'Angelo nero: dentro un quadro di Mirò



Qualche giorno dopo ero con mia moglie e mio
figlio alla mostra di Mirò nei locali della Fondazione
Mazzotta, vicino al Castello Sforzesco. Le parole di
Epifan Pulito mi risuonavano nelle orecchie come cam-
pane, tanto da distrarmi durante la mostra, che all’ini-
zio mi era sembrata vuota, dato che io ero troppo pie-
no di me. Dovevo svuotare, trovare recipienti dove ver-
sare le mie parole, prima che mi annegassero dentro
senza trovare vie di uscita.
- Quei quadri volano - gridò mio figlio all’improv-
viso, aprendo le braccia a forma di ali e correndo in
lungo e in largo per la sala, con mia moglie che lo inse-
guiva per evitare che facesse danni.
Quei quadri volavano, non avevano peso, se ne sta-
vano appesi in aria come bolle di colore, senza la prete-
sa di poggiarsi da qualche parte.
Erano forme che non chiedevano di contenere nul-
la, segni neri nello spazio che aprivano la mente, inve-
ce di riempirla di pesante sapienza. Lasciavano spazi
vuoti che ciascuno poteva riempire di sé. Come il qua-
dro che stavo ammirando, dove il riflesso di due occhi
rossi penetravano lo spazio bianco dentro un lungo
segno nero di Mirò.
Mentre riflettevo che era come nelle fotografie, dove
il flash impressiona di rosso inquietante gli occhi delle
persone ritratte, sentii un alito di aria gelata sul collo.
- Sono senza gravità - sentii sussurrare alle mie spalle.
Ero d’accordo, e mi girai di scatto per confermare
quella sensazione di leggerezza che era già stata sottoli-
neata da mio figlio col gesto dell’aereo.
Dietro di me però non c’era nessuno e Mirò non
aveva disegnato occhi rossi in quel quadro.

La premessa

Lo so, lo so. Diranno che mi sono inventato tutto e che nulla di quanto segue corrisponde alla verità, come spesso è vero per ciò che mi riguarda.
Invece vi assicuro che mi sono limitato a raccontare ciò che mi è capitato riportando gli avvenimenti nella loro sequenza naturale. Non ho nemmeno fatto ricorso a tecniche narrative d’effetto per giocare a rimpiattino con il lettore con l’intento di stordirlo lentamente per poi risvegliarlo di colpo con il classico finale a sorpresa.
Niente di tutto ciò.Dopo aver letto il racconto potrete interrogare, se ne avrete la pazienza e il tempo, i personaggi citati nella storia, tutti reali ed esistenti, anche se non proprio tutti in carne e ossa. Vi fornirò le prove, le testimonianze e i documenti di questa storia, di modo che ciascuno potrà ricostruirla a sua volta e confrontarla con la mia versione. Ora è tempo d’iniziare.