lunedì 29 giugno 2009

Recensione di Renzo Brollo su Dadamag

recensione di Renzo Brollo
Una strana e misteriosa serie di apparizioni ed eventi, spinge lo scrittore Fabio Musati a ricercare nel passato l’origine della sua famiglia. Il ceppo originario della Valsesia non sembra essere quindi il vero nucleo primario, ma dimenticati legami riconducono il cognome dei Musati nella Venezia rinascimentale, e più anticamente unendolo alla stirpe del conte Vlad Tepes, l’impalatore e vampiro. Durante la ricerca, lo scrittore viene avvicinato da oscuri personaggi che si incrociano e si confondono con la sua stessa identità, sdoppiandola, triplicandola, confondendola e mescolandosi nella storia della famiglia e nella vita reale. Presenze che appaiono e scompaiono guidano lo scrittore verso la conoscenza della verità, in una Milano descritta attraverso un’atmosfera gotico-natalizia, conducendolo al finale nei musei di Villa Reale dove tutto sarà, forse, chiarito…Chi è Asimut fobia? o chi sono i Mussati o la stirpe dei Musati vissuti in Moldavia? E chi è il vero Fabio Musati? Cloni, gemelli o avatar nascono e crescono, entrano ed escono dalla scena, per guidare o semplicemente confondere il vero Fabio Musati, che in questa breve novella di famiglia ricostruisce il suo albero genealogico. L’autore, lo si capisce subito, ha una gran bella capacità descrittiva dei luoghi, della sua Milano che diventa cupa, ma dai tratti poetici. E lui vi si muove mescolando i ricordi al presente, ricercando nella sua genealogia il significato di una vita passata semplice tra i monti della Valsesia, tra mestieri antichi e costumi dimenticati. L’Angelo nero, vincitore della terza edizione del Concorso Letterario “Emozioni d’inchiostro”, è un romanzo breve che si legge d’un fiato, che si apprezza per lo stile fluido e scorrevole. Per chi conosce Milano un punto di vista diverso, per chi non la conosce un’occasione per immaginarsela attraverso una lente di mistero.
http://www.dadamag.it/default.asp?scheda=1818

venerdì 12 giugno 2009

Piccolo forum dei lettori de L'angelo nero

Mi piacerebbe ricevere i commenti dei lettori in calce a questo post.
Impressioni a caldo, cosa vi è piaciuto di più e di meno, le domande che mi volete fare. Discutiamone insieme liberamente. Un libro non è solo del suo autore, appartiene anche ai lettori.

Se preferite inviarmeli per mail, potete farlo all'indirizzo fabio_musati@yahoo.it specificando se mi autorizzate a pubblicarli su questo blog.

Grazie, Fabio

giovedì 11 giugno 2009

La recensione di Isabella Giomi, scrittrice

L’Angelo nero, vincitore del premio annuale bandito dalla casa editrice Laruffa di Reggio Calabria, Emozioni d’Inchiostro, è un romanzo completo concentrato in settantacinque pagine, nelle quali si trovano tutte le componenti della narrativa: se sottoscrivi il suo patto, essa ti trascina con sè nelle sue complicate evoluzioni, ti prende anche un po’ in giro e poi ti presenta un finale tutto a sorpresa nel quale all’inizio stenti a ritrovarti, fino a scoprire che quel finale era stato sapientemente preparato dall’autore. Fabio Musati, prima di scrivere questo ironico e raffinato romanzo si è ampiamente documentato, come spiega nell’ultima pagina dei ringraziamenti. Io direi che l’Angelo nero è un meta-romanzo. Cioè un romanzo sul romanzo, sui tranelli della scrittura, sul personaggio che, se la scrittura funziona, reclama autonomia. Ma questo non si scopre subito. L’inizio sembrerebbe impostato come una storia surreale. Una nera, antica e misteriosa signora appare e scompare, il protagonista, alter ego dell’autore, la rincorre per i vicoli di Milano e perfino dentro alla Rinascente. Chi è? la personificazione della Morte? lo Spirito Eterno dell’Avventura? Il Fato? Niente di tutto questo. La spiegazione è un po’ più articolata e Musati si destreggia abilmente, come un prestigiatore che ti illude di mostrarti una realtà, mentre invece te ne imbastisce una totalmente diversa, percorrendo il suo personale albero genealogico, in un tuffo terapeutico nel passato, passa per cimiteri di paese e aviti palazzi nobiliari, ammiccando al lettore, un poco come quando, durante un sogno, a tratti si percepisce chiaramente di sognare. Il romanzo, articolato su più livelli, è scritto con agile e sapiente ironia e si chiude con una scoperta quasi teatrale. Tutte le misteriose identità saranno di colpo rivelate, in un finale a sorpresa ma non più di tanto: l’abilità dell’autore sta tutta nell’essere riuscito a preparare il lettore gradualmente, fino a far convergere in un unico punto tutte le linee narrative che all’inizio sembravano quasi indipendenti l’una dall’altra.

Isabella Giomi

http://digilander.libero.it/giomi.isabella/
http://blog.libero.it/tanysha/

martedì 9 giugno 2009

Estratto della presentazione del libro fatta dal critico d'autore Maria Festa a Reggio Calabria il 6 Giugno 2009

"La letteratura superficiale del nostro tempo ha cancellato dalla memoria i classici del passato con la loro ambientazione suggestiva - commenta il critico d'autore Maria Festa - le atmosfere fantastiche di Hoffmann, il soprannaturale di Bram Stoker, il romanticismo. La narrativa contemporanea non riesce ad evocare "l'aura" dei racconti antichi, arrendendosi alle macchinosità del reale. Per contro, "L'Angelo nero" - chiosa la Festa - trasforma la realtà in sogno ed immaginazione, racchiudendo in sé lo spirito del passato e riportandolo nel presente di una Milano chiusa nella sua artificiosità. Questo libro invita alla serietà e alla ricerca della letteratura autentica".

Estratto dall'articolo "La storia fantastica dell'angelo nero", pubblicato con la firma di Marco Comandè su Calabriaora.it di lunedì 8 Giugno 2009.

L'articolo su Ilfattoonline.com

http://www.ilfattoonline.com/cultura-e-spettacolo/7405-langelo-nero-di-fabio-musati-vincitore-della-iii-edizione-di-emozioni-dinchiostro

lunedì 8 giugno 2009

Il Blog dell'autore

http://fabiomusati.blogspot.com/

Le apparizioni dell'Angelo nero: al Cimitero Monumentale di Milano


Le apparizioni dell'Angelo nero: dentro un quadro di Mirò



Qualche giorno dopo ero con mia moglie e mio
figlio alla mostra di Mirò nei locali della Fondazione
Mazzotta, vicino al Castello Sforzesco. Le parole di
Epifan Pulito mi risuonavano nelle orecchie come cam-
pane, tanto da distrarmi durante la mostra, che all’ini-
zio mi era sembrata vuota, dato che io ero troppo pie-
no di me. Dovevo svuotare, trovare recipienti dove ver-
sare le mie parole, prima che mi annegassero dentro
senza trovare vie di uscita.
- Quei quadri volano - gridò mio figlio all’improv-
viso, aprendo le braccia a forma di ali e correndo in
lungo e in largo per la sala, con mia moglie che lo inse-
guiva per evitare che facesse danni.
Quei quadri volavano, non avevano peso, se ne sta-
vano appesi in aria come bolle di colore, senza la prete-
sa di poggiarsi da qualche parte.
Erano forme che non chiedevano di contenere nul-
la, segni neri nello spazio che aprivano la mente, inve-
ce di riempirla di pesante sapienza. Lasciavano spazi
vuoti che ciascuno poteva riempire di sé. Come il qua-
dro che stavo ammirando, dove il riflesso di due occhi
rossi penetravano lo spazio bianco dentro un lungo
segno nero di Mirò.
Mentre riflettevo che era come nelle fotografie, dove
il flash impressiona di rosso inquietante gli occhi delle
persone ritratte, sentii un alito di aria gelata sul collo.
- Sono senza gravità - sentii sussurrare alle mie spalle.
Ero d’accordo, e mi girai di scatto per confermare
quella sensazione di leggerezza che era già stata sottoli-
neata da mio figlio col gesto dell’aereo.
Dietro di me però non c’era nessuno e Mirò non
aveva disegnato occhi rossi in quel quadro.

La premessa

Lo so, lo so. Diranno che mi sono inventato tutto e che nulla di quanto segue corrisponde alla verità, come spesso è vero per ciò che mi riguarda.
Invece vi assicuro che mi sono limitato a raccontare ciò che mi è capitato riportando gli avvenimenti nella loro sequenza naturale. Non ho nemmeno fatto ricorso a tecniche narrative d’effetto per giocare a rimpiattino con il lettore con l’intento di stordirlo lentamente per poi risvegliarlo di colpo con il classico finale a sorpresa.
Niente di tutto ciò.Dopo aver letto il racconto potrete interrogare, se ne avrete la pazienza e il tempo, i personaggi citati nella storia, tutti reali ed esistenti, anche se non proprio tutti in carne e ossa. Vi fornirò le prove, le testimonianze e i documenti di questa storia, di modo che ciascuno potrà ricostruirla a sua volta e confrontarla con la mia versione. Ora è tempo d’iniziare.

Le apparizioni dell'Angelo nero: Galleria Vittorio Emanuele II


Tutto cominciò un pomeriggio di ottobre.
C a m m i n a vo in Corso Vittorio Emanuele II, seguen-
do la folla rumorosa del sabato pomeriggio.
Milano ha un centro minuscolo, se paragonato a
quello di altre città italiane anche meno importanti, e
il Corso Vittorio, come lo chiamano i suoi frettolosi
abitanti, ne è il dritto riassunto che condensa in una
sola via gran parte delle mete obbligate dei passanti: le
vetrine di Benetton, Prada e Furla, il negozio Disney, i
cinema multisala, le Messaggerie musicali, le librerie di
Mondadori e Feltrinelli, i grandi magazzini La Rina-
scente, il McDonald’s, il bar Zucca in stile liberty e
qualche prestigioso ristorante, a dire il vero, un po’
ammuffito.
Anche quel giorno erano in tanti a calpestare inquie-
ti i ciottoli irregolari di quella lunga via pedonale che
porta al gotico Duomo, cercandosi gli uni con gli altri
oppure fuggendo gli uni dagli altri. Tutti avevano
comunque una direzione precisa da seguire e spintona-
vano per crearsi un varco tra la folla che ne rallentava il
passo.
Ricordo ogni cosa come fosse ieri e, se fosse di inte-
resse, potrei persino dire che cappotto indossavo, che
cosa avevo mangiato a pranzo, se c’era il sole o se pio-
veva.
Sorvolo su questi dettagli. Ciò che conta è che quel
giorno ero solo e cercavo qualcosa, oppure qualcuno,
ma non sapevo cosa o chi. Una direzione appunto, che
fosse un’idea forte, un obiettivo, un senso che andasse
oltre il telegiornale delle 20. Quello era il mio proble-
ma e tutto il resto si muoveva intorno a me come
un’indistinta nuvola grigia in un cielo autunnale.
Sentivo un ronzio sordo nelle orecchie, la monoto-
na colonna sonora di quella giornata grigia.
Poi vidi la vecchia.
Ecco che incappo nel problema di dover tradurre in
parole le sensazioni.
Vidi una figura di donna anziana.
Vidi una donna dalla camminata vaga e il volto
antico.
Vidi una donna vestita di una tunica nera che le
arrivava ai piedi, il volto bianco marcato da tratti seve-
ri che parevano appena abbozzati a carboncino, i capel-
li neri raccolti in una crocchia, il passo breve e mute-
vole che la spostava con la leggerezza dell’aria.
Erano le quindici e un quarto del 15 Ottobre. La
donna svoltò dietro la Rinascente e s’infilò in Galleria.
La seguii.

Le apparizioni dell'Angelo nero: Villa Reale


Le apparizioni dell' Angelo nero: chiesa di San Alessandro



Gli angeli di Milano sulle nostre teste. Solitari, a
coppie, con le ali spiegate e le braccia aperte sui fron-
toni delle chiese. Angeli pietosi che ci attendono
pazientemente al cimitero. Oppure in tanti, in un fer-
mo inseguimento, sulle balaustre dei palazzi del Sette-
cento. Amorini scolpiti nei fregi sui portoni in stile
liberty o dipinti sulle facciate di case signorili. In eter-
na e gioiosa rincorsa sopra la testa dei tanti che affolla-
no gli stretti marciapiedi.
Pazienti, silenziosi, invisibili ai più.
È sufficiente alzare la testa e gli angeli compaiono,
sempre pronti a portarci su con loro.
In Piazza S. Alessandro sono in sette a suonare le
trombe sopra il frontone dell’omonima chiesa e da lì
dominano la folla che invade il basso della città, le stra-
de, i marciapiedi.
Sono angeli bambini che danzano sul tetto della città.
Sotto di loro c’è la ressa dei giorni festivi che prece-
dono il Natale: gente che si affretta a comprare regali,
ombrelli che si incastrano, piedi che scivolano sulla
melma marrognola che è la neve di Milano dopo poche
ore, corse per attraversare il semaforo, schizzi di fango
da evitare.
Poi giù nei sottopassaggi, nelle gallerie, nei tunnel
del metrò e del passante ferroviario, inghiottiti dalla
notte del mondo metropolitano, sbattuti al centro di
carrozze stracolme di persone che guardano per terra, i
propri piedi, le scarpe, il fondo del mondo.
Lassù stanno gli angeli, bianchi, muti e instancabili.
Eppure il pomeriggio del quindici dicembre uno di
loro era scappato via.
Non ero nuovo allo spettacolo dell’immobilità, ulti-
ma moda per la questua, che vede le nostre piazze
popolarsi di provvisorie statue: mummie egizie, bronzi
di Riace, discoboli olimpici, vampiri transilvani, gla-
diatori romani. Basta un costume, il volto dipinto di
un colore uniforme - il bianco, l’oro, il nero - e lo stu-
dio di una posizione immobile da tenere per molti
minuti. È l’immobilità da statua ad attirare i curiosi,
più che la mascherata. In una cultura in cui il movi-
mento è un valore assoluto, la velocità una fede, la fre-
nesia una religione, la gente è sopraffatta da un sotter-
raneo desiderio di statuarietà. Essere fermi, irremovibi-
li, piantati in un punto, congelati nella posizione che
sentiamo nostra, e dirlo al mondo, apertamente, sfron-
tatamente, immobilmente. Allora nel curioso che si è
fermato a osservare la provvisoria statua scatta la molla
dell’invidia, vuole distruggere quello che non riuscirà
mai a ottenere, e cade la moneta nel piattino. La statua
si anima con gesti lenti e pomposi, fa l’inchino, ringra-
zia e riprende la sua posizione.
Era quello che facevano quel pomeriggio le sette sta-
tue angeliche che popolavano Piazza S. Alessandro, in
un’allegoria che intendeva imitare il frontone della bel-
la chiesa del milleseicento. Feci cadere cinquanta cen-
tesimi nel piattino posto ai piedi della settima e attesi.
La statua scappò, imboccando Via Zebedia.

La quarta di copertina

Stavo bussando da qualche minuto quando finalmente sentii qualcuno
muovere dei passi lenti e trascinati per venirmi ad aprire.
Dedussi che fosse di età avanzata e ne ebbi conferma quando il suo
viso comparve nello spiraglio del portone: scarno, bianco come il
latte e il naso aquilino.
Le labbra apparivano però rosse come due ciliegie, mentre si schiudevano
appena per dire:
- Benvenuto nella mia casa! Entrate liberamente... e di vostra spontanea
volontà.


Fabio Musati, originario della Valsesia, è nato a Milano nel 1957.
Ha pubblicato le raccolte di racconti “Nel Corpo del Tempo”
(Artemis 2005), Il Confine (Editrice Prospettiva 2007) e “Cara
Ada” (Tabula Fati 2007). Nel 2006 ha collaborato con Serena
Sinigaglia per la drammaturgia dello spettacolo - “1989 - I crolli”.

NELLA STESSA COLLANA
1. V. Calafiore, Quella strana sensazione d’esistere
2. A. Quattrone, Viaggio in solitaria
3. M. Di Dio, Lena
4. I. Giomi, La cantatrice muta
5. AA.VV., Poesie - Antologia della seconda edizione
di “Emozioni d’inchiostro”


€ 10,00 ISBN 978-88-7221-427-5

L'articolo sul Corriere Valsesiano del 20 Marzo 2009

Fabio Musati vola con
“L’angelo nero”
dalla Valsesia alla Calabria

A fine marzo sarà pubblicato
nella collana «Emozioni
d’inchiostro» di Laruffa Editore
– una casa editrice di Reggio
Calabria le cui origini risalgono
a fine Ottocento – L’angelo
nero, una raccolta antologica
che prende il titolo proprio
dal romanzo di Fabio Musati
vincitore della III edizione
del concorso letterario per
inediti indetto dallo stesso Laruffa
e che porta il nome della
collana succitata.
Oltre al romanzo del nostro
ormai mitico scrittore valsesiano,
il volume conterrà anche i
tre componimenti poetici segnalati
come migliori per la sezione
«Poesia» del concorso.
L’angelo nero è stato definito
«un racconto affascinante,
ironico e misterioso, sulle tracce
del “Diavolo” tra le vie di
Milano; una scrittura agile e
accattivante per una straordinaria
prova narrativa».
Nell’attesa di leggerlo – e magari
di presentarlo ai lettori valsesiani
in occasione di qualche
bella serata insieme all’autore...
– non possiamo che complimentarci
con Fabio per questa «trasferta
» di successo, che contribuirà
a renderlo famoso a livello
nazionale!

Bio-bibliografia dell'autore

Fabio Musati, originario della Valsesia, è nato a Milano nel 1957, dove vive con la moglie Valeria e il figlio Guido. Ha pubblicato i libri di racconti Nel Corpo del Tempo, Artemis 2005, Il Confine, Editrice Prospettiva 2007, Cara Ada, Tabula Fati 2007, e il romanzo breve L’Angelo nero, Laruffa 2009. Altri suoi racconti e drammaturgie sono stati pubblicati in una decina di antologie di autori vari.
Nel 2006 ha collaborato con Serena Sinigaglia per la drammaturgia dello spettacolo 1989 I crolli, andato in tournèe in tutta Italia, e il suo testo 9 Maggio 1978, Il più è fatto sarà messo in scena dalla compagnia teatrale Movimento Forza 9 nel corso della stagione 2009/2010
Ha vinto vari concorsi di narrativa inedita e di testi teatrali, tra i quali due edizioni del Premio Teramo (2006 e 2007), Il racconto nel cassetto 2009, il Tabula Fati 2006, l’Opera Narrativa 2008, l’Emozioni d’inchiostro 2008 e le sezioni teatro del Premio Città di Trieste 2007 e Accendi un’idea 2008.

La presentazione a Reggio Calabria

http://www.comune.reggio-calabria.it/on-line/Home/Comunicatistampa/articolo105453.html

Il sito dell'editore Laruffa (dove acquistarlo)

http://www.laruffaeditore.it/pagina.asp?id_c=2&action=autor&autore=Fabio+Musati&cat_id_serch=0

L'articolo su Opera Narrativa

http://www.operanarrativa.com/node/1369

L'articolo su Fantasy Magazine

http://www.fantasymagazine.it/notizie/10151/l-angelo-nero-di-fabio-musati/

Sinossi

L’Angelo nero
di
Fabio Musati
(Laruffa Editore)



Mistero e ironia sulle tracce dei propri fantasmi, in un fantasy che insegue le orme del “demonio” dal passato al presente, per le vie di Milano. Fino al teatrale colpo di scena, dove gli intrighi del racconto si disvelano in un sorprendente e inquietante gioco di specchi.
Dal casuale avvistamento di una donna dalla camminata vaga e il volto antico, nelle strade del centro di Milano, prende il via la storia narrata dall’autore in prima persona, frutto di curiosità, fantasia e realtà.
L’“Angelo nero” appare nei luoghi e nei momenti più impensati, in un quadro di Mirò, davanti alla tomba di famiglia, sulla metropolitana, come statua davanti a una chiesa e in un museo…
Ne deriva una sorta di inseguimento che porta l’autore a incontrare il suo doppio, a visitare i cimiteri dove sono sepolti i suoi antenati e alla ricostruzione dell’albero genealogico della sua famiglia fino alla scoperta della discendenza ‘diabolica’ della stirpe dei Musati.

La copertina dell'artista Carlo Andreoli